In ambito fotografico, la prima ottica stabilizzata della storia è stata introdotta da Canon nel 1995 con l'obiettivo Canon EF 75-300mm f/4-5.6 IS USM. Questo obiettivo ha segnato un'importante innovazione nel campo della fotografia, poiché integrava un sistema di stabilizzazione dell'immagine (IS) che compensava le vibrazioni e i movimenti involontari della fotocamera, migliorando significativamente la nitidezza delle immagini scattate a mano libera.
Stabilizzazione, una breve cronistoria
Prima di questo sviluppo, la stabilizzazione era già presente nelle videocamere, con Panasonic che nel 1980 aveva lanciato la PV-460, la prima videocamera al mondo dotata di un sistema di stabilizzazione interna basato su giroscopi miniaturizzati. Nikon entrò nel mercato della stabilizzazione ottica solo cinque anni dopo, con il sistema VR, applicato al suo obiettivo Nikkor AF-D 80-400mm f/4.5-5.6D ED VR.
Oggi si tratta di una tecnologia ancora presente su molti obiettivi, sia fissi, sia zoom, ma è stata affiancata dalla stabilizzazione applicata al sensore. Il primo produttore ad arrivare sul mercato con una fotocamera dotata di sensore stabilizzato (a quei tempi ancora un CCD) è stata Minolta, con la sua bridge Minolta DiMAGE A1. La stabilizzazione sul sensore è diventato poi uno dei punti di forza dell'azienda giapponese, ad esempio su prodotti come Dynax 7D e 5D, venendo ereditata da Sony al momento dell'acquisizione di Minolta e divenendo il cavallo di battaglia delle reflex Sony Alpha.
Il meglio lo si ottiene insieme
Panasonic è stata la prima azienda a riuscire a combinare i due sistemi, facendoli lavorare all'unisono con la tecnologia Dual IS 2: da quel punto in poi il doppio sistema di stabilizzazione è diventato uno standard dell'industria e oggi sul mercato troviamo prodotti che combinando stabilizzazione sulle ottiche e sul sensore dichiarano oltre 8 stop di vantaggio sui tempi di sicurezza.
Un interessante articolo pubblicato da Canon ci permette di entrare maggiormente in dettaglio sul funzionamento del sistema combinato, che oggi vede i sensori muoversi su 5 assi per compensare il mosso.
La combinazione dei due sistemi è interessante perché non è possibile decretare un vincitore tra i due, in quanto hanno intervalli di funzionamento diversi e solo dall'utilizzo cooperativo è possibile ottenere il massimo delle prestazioni.
La stabilizzazione IBIS (In Body Image Stabilization) è molto più efficace quanto applicata alle focali corte e vede una netta diminuzione delle prestazioni all'allungarsi della stessa, arrivando a essere quasi inutile con gli obiettivi tele dalla focale più lunga.
La stabilizzazione integrata nelle ottiche, invece, ha un funzionamento meno efficace, ma che si mantiene stabile, con solo una lieve diminuzione, all'aumentare della focale.
Grazie a un grafico incorporato all'interno dell'articolo è possibile vedere come le prestazioni dei due sistemi al lavoro all'unisono siano molto maggiori su alcune focali intermedie, ma in generale diano un vantaggio apprezzabile anche ai due estremi, sia sulle focali molto grandangolari, sia in quelle spinte all'estremo tele.
Rispetto al sistema reflex EF, quello mirrorless RF ha moltiplicato i pin di connessione e permette una comunicazione più rapida e a banda larga tra le ottiche e il corpo macchina e ciò ha permesso a Canon di migliorare la collaborazione tra i due sistemi di stabilizzazione, mettendo finalmente a disposizione la stabilizzazione ibrida.
In uno schema dettagliato Canon mostra anche cosa succede quando si montano ottiche EF tramite adattatore sui corpi stabilizzati delle mirrorless EOS R1, EOS R3, EOS R5, EOS R6 ed EOS R7.