Leica T: in prova l'inedita mirrorless tedesca

Leica T: in prova l'inedita mirrorless tedesca

di Alberto De Bernardi , pubblicato il

“A 100 anni dall'introduzione del formato 35mm, Leica porta al debutto il nuovo sistema T. Design mirrorless, formato APS-C e tanta elettronica per quello che il costruttore spera diventi un nuovo classico. ”

Qualità d'immagine

Abbiamo testato la Leica T con entrambe le ottiche oggi disponibili, in studio e in esterni in varie condizioni di luce. I risultati sono stati fantastici con entrambe le ottiche, soprattutto lavorando in formato RAW.
Il migliore dei due obiettivi è, senza grosse sorprese, il 23mm (a cui si riferiscono i risultati pubblicati in queste pagine). Partendo dal RAW e sviluppando in LR5 con nitidezza pari a 50, lasciando ogni altra impostazione sui valori di default, abbiamo osservato innanzitutto una nitidezza fenomenale. Poco meno di 2900 LW/PH al centro è un dato che supera abbondantemente quello delle pur ottime Fujifim X, e risulta sostanzialmente alla pari con quello della Sony A7 (che adotta un sensore Full Frame da 24 Mpixel). Anche tra le reflex, per eguagliare o superare questo dato, occorre rivolgersi a corpi macchina di fascia alta, rigorosamente Full Frame.
Volendo, in fase di sviluppo è possibile spremere ancora qualcosa (con nitidezza 50 si rileva infatti un "undersharpening" del 9% circa), ma il dato qui riportato è coerente con l'esame visivo che mostra proprio nell'intorno delle 2900 LW/PH la comparsa dei primi artefatti.


Parte del merito della grande nitidezza delle immagini prodotte va all'assenza di filtro ottico passa-basso. Il rischio è l'effetto moiré, qui visibile nelle patch diagonali a trama più fitta (2800 e 3000 LW/PH). In nessuna immagine reale abbiamo però riprodotto lo stesso fenomeno, ragion per cui reputiamo il rischio moiré molto remoto. [click per immagine a dimensione reale].


Target fotografato in condizione di bassa luce, 6400 ISO. Il rumore sul canale luminanza prodotto dalla Leica T è piuttosto evidente anche a ISO realtivamente bassi (compare a 800 ISO), ma il livello di dettaglio viene ben conservato fino a sensibilità estreme - 3200 ISO, e persino 6400 ISO. [click per immagine a dimensione reale].

Molto buona anche la "tenuta" ai bordi, dove le immagini si fanno inevitabilmente più morbide ma preservando la maggior parte del dettaglio (2240 LW/PH, undersharpening del 25% circa).
L'aberrazione cromatica è perfettamente sotto controllo: impercettibile al centro, moderata ai bordi.
Passando al colore, saturazione a 100 ISO e bilanciamento del bianco sono pressoché perfetti, e l'errore cromatico tanto contenuto da essere impossibile da rilevare all'interno di immagini comuni. L'errore complessivo dE, combinazione di errore cromatico e di luminanza, è leggermente più elevato a causa di una leggera tendenza alla sottoesposizione, mediamente circa 1/3 di stop; in assoluto, nulla di grave, comunque.
Buono infine, anche se non straordinario quanto la nitidezza, il comportamento ad alti ISO. Disattivando i filtri di de-noise, un pizzico di "grana" compare a partire da 800 ISO. Il primo segnale di degrado qualitativo si osserva a 3200 ISO, sottoforma di perdita di dettaglio, ma solo a 6400 ISO tale degrado diventa realmente evidente. In termini numerici il rumore medio sul canale luminanza a 6400 ISO senza filtri de-noise si attesta a circa il 7,5%, riducendosi nel caso del JPEG standard (filtri di de-noise attivi e impostati al valore di default) al 3,7%.


Serie ISO [click per immagine a dimensione reale].

L'analisi del JPEG è meno entusiasmante. Inevitabile che sviluppando in camera il JPEG con impostazioni standard si perda qualcosa, ma nel caso della Leica T la perdita è più evidente rispetto ad altri prodotti. Il dato MTF al centro si riduce di circa 500 punti; la perdita è quindi consistente, anche se il dato rimane in assoluto elevato grazie al valore record del RAW. La saturazione scende sotto al valore ottimale, e gli errori cromatici si fanno più evidenti; stranamente, abbiamo osservato anche un leggero peggioramento anche della tendenza alla sottoesposizione.
Per quanto riguarda infine la predisposizione al moiré, durante la nostra prova i pattern di interferenza sono comparsi solo in studio, in corrispondenza di griglie tanto fitte da non trovare riscontro nel mondo reale. Possiamo quindi concludere che l'assenza del filtro ottico passa basso ha portato, in questo caso, tangibili vantaggi senza richiedere alcun evidente tributo.
Il 18-56mm è leggermente più "morbido" e, anche al centro della sua gamma focale, necessita di un trattamento più energico in fase di sviluppo per restituire immagini incise. Poco male, anche perché lo sviluppo in-camera provvede in modo efficace, minimizzando le differenze rispetto al 23mm. Da elogiare per la sua "tenuta" di nitidezza ai bordi, dove rosicchia buna parte del vantaggio del 23mm (2240 contro 2143LW/PW) e per il buon controllo dell'aberrazione cromatica, appena superiore a quella del 23mm.