Leica M9: ritorno al futuro

Leica M9: ritorno al futuro

di Matteo Cervo , pubblicato il

“Leica torna alle origini della fotografia e lo fa proponendo un sensore digitale 24x36 mm ad equipaggiare il nuovo modello della serie M, una fotocamera che ha fatto la storia della fotografia.”

Prova sul campo - II

Superato l'iniziale scoglio dovuto al display che falsa la reale qualità di immagine, i file prodotti dalla Leica M9 sono tutti da godere: una grande varietà di sfumature, colori brillanti e una gamma dinamica molto estesa soprattutto nelle ombre fanno la differenza.

Margherita per HWUpgrade

La risoluzione elevata permette una gestione di crop e dettaglio che viene subito percepita al primo ingrandimento del file prodotto: ben 30 x 45 cm a 300 dpi al 100%. La possibilità di stampe di qualità ed ingrandimenti che mantengono lettura sono opzioni validissime per questo modello.

1/2000 s @ F/?? - ISO 400

Come è possibile osservare nell'immagine sopra, la lettura delle ombre è estremamente elavata e la gamma dinamica della M9 risulta buona con una predilezione per le ombre. Le alte luci vengono sfondate abbastanza velocemente e per questo bene pensare ad un esposizione al ribasso anche perché le possibilità di recupero sul file Raw sono elevate.

A tal proposito è bene specificare che l'algoritmo di demosaicing della fotocamera non ha convinto, proponendo immagini buie e dai colori spenti soprattutto in condizioni di bassa luce e tonalità calde. Scattare in formato nativo è quindi consigliato anche perché Leica ha scelto di adottare l'estensione DNG per i propri negativi digitali, un formato aperto che dovrebbe garantire lunga vita e possibilità di condivisione sulla totalità dei software di editing raw.

Margherita per HWUpgrade 1/88s @ F/2 ISO 800

Lo scatto di cui sopra è il risultato della lavorazione Raw del file prodotto da Leica M9, inizialmente pensavamo di adottare solo il formato jpeg per la sessione di ritratto che ha visto protagonista Margherita ma, la resa dello sviluppo in macchina non permette di sfruttare appieno l'elevato recupero sia delle ombre che delle alte luci altrimenti permesso da una elaborazione raw tramite Adobe Camera Raw.

Di seguito vediamo il file Jpeg così come è stato elaborato dalla fotocamera, a seguire il file Raw aperto con ACR ma non elaborato ed infine il file Raw ottimizzato in modalità automatica nel bilanciamento del bianco e nei livelli:

Il file Jpeg come è stato elaborato dalla fotocamera

Il file DNG aperto in ACR ma non ottimizzato

Il file DNG ottimizzato in ACR con la modifica automatica di bilanciamento del bianco e livelli

Le tre immagini precedenti mettono in luce quale sia la differenza che presentano gli scatti elaborati in macchina o acquisiti in negativo digitale. Le differenze tra lo scatto jpeg ed il DNG non lavorato giocano a favore del Jpeg per quanto riguarda la brillantezza e saturazione dei colori ma riempiono velocemente le ombre.

Dopo l'ottimizzazione automatica in ACR vengono recuperate completamente le ombre profonde dando piena lettura allo sfondo prima incomprensibile. L'azione eseguita da ACR è fin troppo calcata e mette in luce cromatismi indesiderati nella zona che è stata "tirata", la lavorazione manuale del file permette di regolare con precisione l'entità del recupero tonale senza incorrere in degradazioni troppo forti dell'immagine.