Una Leica M11 per fotografare la NASCAR? Il telemetro alla prova del Motorsport

Una Leica M11 per fotografare la NASCAR? Il telemetro alla prova del Motorsport

di Roberto Colombo , pubblicato il

“Telemetro e Motorsport possono andare d'accordo? Noi ci abbiamo provato e abbiamo portato una Leica M11 e alla tappa di Vallelunga delle NASCAR Whelen Euro Series. L'abbiamo anche messa nelle mani di uno dei fotografi ufficiali della manifestazione, per avere l'opinione di un professionista, il professionista del settore Fabio Grandi. Ecco com'è andata e le foto che ne sono scaturite”

Leica M11 è un prodotto che gioca totalmente fuori dagli schemi. Si basa su uno schema tra i più antichi della fotografia, il sistema a telemetro, e porta in dote uno dei sensori più moderni del lotto, il primo, tra quelli integrati in una macchina fotografica, a 'rubare' concetti della fotografia computazionale dagli smartphone.

Leica M11: 3 macchine in 1

Siamo di fronte a un sensore da 61 megapixel che può essere, infatti, gestito in modo dinamico per scattare (anche in RAW) a 36 e 18 megapixel, accorpando pixel adiacenti in modo da massimizzare la gamma dinamica. Come avviene per i cellulari, Leica M11 è 'Tre macchine in una': da un lato una fotocamera ad altissima risoluzione, dall'altro una all-rounder da 36 megapixel e infine una macchina fotografica da 18 megapixel per chi non vuole appesantire troppo il lavoro in post produzione.

Una Leica M nei paddock della NASCAR

Naturalmente, vale la pena ricordarlo, lo schema a telemetro è un sistema di messa a fuoco totalmente manuale e non esiste la parola 'autofocus' parlando del sistema Leica M. Per molti potrebbe quindi essere impensabile associare una Leica M11 alla fotografia di Motorsport.

Fabio Grandi con al collo Leica M11 con Alberto Naska, appena dopo la sua pole

Eppure ci abbiamo provato. Parlo al plurale perché ho coinvolto in questo strano progetto anche un fotografo professionista di sport motoristici, Fabio Grandi, tra i fotografi ufficiali della NASCAR Whelen Euro Series, la versione europea del mitico campionato di corse in auto statunitense.

Sul campo per mettere alla prova un paio tra le mirrorless top di gamma sportive di ultimissima generazione (con un confronto APS-C vs. Full Frame che vedrete pubblicato nelle prossime settimane), io e Fabio ci siamo divertiti a scattare le foto tra paddock e griglia con la teutonica Leica M11, equipaggiata con una delle ottiche mitiche del sistema, il Leica Summicron-M 35 f/2 ASPH.

Divertiti è la parola giusta: per chi arriva dalla pellicola e dalle fotocamere analogiche (Fabio anche per lavoro, io per passione giovanile), tornare a scattare senza il 'bip' dell'autofocus è sempre un'esperienza molto interessante e piacevole.

Edificante e didattica aggiungerei (nel mio caso). Una Leica M ti costringe, volente o nolente, a tornare a contemplare il concetto di 'distanza del soggetto' a ogni scatto, visto che pre-focheggiare 'a stima' e sfruttare la tecnica dell'iperfocale sono due cardini della fotografia a telemetro.

Iperfocale e fuoco a stima: niente 'bip' e quadratini verdi

Questo concetto di distanza del soggetto è una cosa che coi moderni obiettivi autofocus spesso viene persa, tanto che la ghiera di messa a fuoco non è più assoluta, ma relativa e gestibile elettronicamente, e non riporta più la scala delle distanze sul barilotto dell'ottica. Il Leica Summicron-M 35 f/2 ASPH. è invece uno di quegli obiettivi 'vecchio stile' che oltre alla scala della distanza riporta anche l'indicazione della profondità di campo ai diversi diaframmi.

Per fotografare in iperfocale il gioco è semplice: si sceglie un diaframma, di posiziona la ghiera di messa a fuoco in modo che il simbolo 'infinito' sia in corrispondenza della linea del diaframma scelto posizionata sulla destra; a quel punto la linea a sinistra indica la distanza minima alla quale da lì in poi tutto il campo inquadrato è a fuoco.

ISO 80 35mm f/5.6 1/160 sec

Fotografando nei box, non sempre serve avere a fuoco i soggetti all'infinito, per cui, per accorciare la distanza minima a cui i soggetti sono a fuoco, è possibile porre invece del simbolo dell'infinito in corrispondenza della linea a destra la distanza massima stimata del campo inquadrato. Nel caso del Summicron-M 35 f/2 ASPH. la distanza indicata prima del simbolo di infinito è di 10 metri, ma 'a naso' la si può mettere sui 15-20 metri, guadagnando qualche centimetro sulla distanza minima di messa a fuoco.

Naturalmente questo discorso vale per i diaframmi abbastanza chiusi, se guardate la distanza tra le stanghette, a f/2 la distanza si aggira sui 20 metri. Fotografando a f/8, invece la distanza minima a cui i soggetti sono a fuoco scende nell'ordine dei 5 metri e 'rubando' qualche grado di rotazione della ghiera (non essendo necessaria la messa a fuoco all'infinito in molte situazioni) è possibile farla scendere ulteriormente.

Questa tecnica basata sulla distanza iperfocale permette di non preoccuparsi di mettere a fuoco a ogni scatto: basta porre i soggetti che si vogliono a fuoco oltre la distanza minima e si può scattare con la certezza che siano nitidi.

ISO 64 35mm f/2.4 1/160 sec

Volendo giocare coi diaframmi più aperti è necessario farsi l'occhio sulle distanze e sul concetto di profondità di campo, che a ogni diaframma indica l'intervallo di distanze entro il quale i soggetti possono considerarsi a fuoco. In questo caso la tecnica maggiormente utilizzata è quella di pre-focheggiare a occhio guardando la fotocamera dall'alto e poi appoggiare l'occhio al mirino per correzioni al volo tramite il telemetro, che in questo caso diventa un mezzo di messa a fuoco davvero veloce, anche in condizioni di scarsa illuminazione. Naturalmente, più si apre il diaframma, più diventa difficile focheggiare a stima, in quanto la profondità di campo di riduce.

ISO 64 35mm f/2.0 1/250 sec

A quel punto il telemetro diventa l'unica strada percorribile per ottenere soggetti a fuoco. Come già detto, quando ci si fa la mano, si tratta però di un metodo molto veloce e preciso per la messa a fuoco manuale. Visto che la finestrella del telemetro vede un allineamento in orizzontale delle due immagini, a volte è necessario passare al volo all'inquadratura verticale (o anche obliqua in condizioni particolari) per mettere a fuoco e poi riportare la fotocamera all'inquadratura voluta.

Leica M11 fa però uno sconto importante a tutti quelli che non si vogliono cimentare nel calcolo della distanza iperfocale, nella messa a fuoco a stima o nell'uso del telemetro: il menu rapido, raggiungibile con la prima pressione del tasto menu (piccola ottimizzazione dell'interfaccia in stile teutonico, come avevamo analizzato nel caso della mirrorless Leica SL2-S), permette di attivare la funzionalità Live View e con essa l'ausilio del Focus Peaking per la messa a fuoco manuale. Leica M11, quindi, alla tecnica 'vintage' richiesta dal telemetro e ricercata come esperienza di scatto dai fotografi che scelgono il sistema M, aggiunge la tecnica più moderna della messa a fuoco a contrasto tramite focus peaking, anche in questo caso riuscendo a unire tradizione e modernità.

Della qualità delle immagini abbiamo già parlato nell'articolo del nostro Alberto: con l'analisi del potere risolvente alle diverse risoluzioni e con una disanima completa del comportamento al salire della sensibilità ISO dei differenti formati di scatto. Trovate tutti i dettagli nell'articolo 'Leica M11: nuovo gioiello a telemetro, rivisitato'.

Il peso della storia

Ur Leica Wetzlar

Prima di chiudere, aggiungo un altro paio di cose, che ricadono nella sfera del 'soggettivo', ma che parlando di Leica vale la pena di sottolineare. Personalmente quando mi trovo in mano una Leica non è per me 'una macchina come tutte le altre', ma un oggetto che mi incute un certo timore reverenziale, che richiede 'rispetto'. Certo il prezzo di vendita fa la sua parte nello stimolare questa sensazione, ma emerge credo di più dal fatto di sentire di avere per le mani un pezzo di storia, un prodotto che ha alle spalle una 'pesante' eredità: d'altra parte lo stesso formato Full Frame oggi tanto in voga non è altro che la dimensione del fotogramma scelto da Oskar Barnack per creare quella che sarebbe diventata la prima Leica e la prima fotocamera portatile della storia.

Leica: le ottiche fanno la differenza

ISO 64 35mm f/2.0 1/250 sec

Oltre al corpo macchina, quando si parla di Leica buona parte del merito della buona riuscita delle foto è da accreditare alle ottiche. In questo caso l'accoppiata funziona alla grande, nonostante i 61 megapixel del sensore, in grado di mettere in crisi il potere risolvente di molte ottiche in circolazione. La testimonianza è quella del professionista. Ho infatti chiesto a Fabio Grandi di mettere qualche riga di impressioni sull'utilizzo e ne cito le testuali parole "Il file è strepitoso, unito al 35 mm crea una tridimensionalità davvero notevole, i colori sono accesi ma ben definiti, con un ottimo contrasto".

In conclusione vi lasciamo con le gallerie fotografiche di alcuni scatti miei e di Fabio Grandi.


In estrema conclusione, poi, un ringraziamento va all'organizzazione delle NASCAR Whelen Euro Series, per la possibilità di aggirarsi tra box, griglia e pista al fianco dei professionisti presenti all'evento.

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Commenti (5)

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Commento # 1 di: CrapaDiLegno pubblicato il 25 Luglio 2022, 20:32
Leggo il titolo e mi incuriosisco... una telemetro che vuole fare foto a roba che schizza a oltre 200 all'ora... vediamo cosa e soprattutto come hanno fatto..
Poi leggo, perdendo il mio tempo, e scopro che in questo articolo foto sportiva equivale a scatti nei box con soggetti fermi e buona parte delle foto in iperfocale ... Ma è una presa in giro?
Se stavate alla fiera del gelato e fotografavate le vetrine colorate sarebbe stato "più sportivo". In iperfocale potevate anche permettervi lo scatto con una mano mentre leccavate il cono tenendolo con l'altra. Mossa da campione.
Così veramente non c'è alcuna differenza con gli scatti che faccio io con la Canon e l' anello M42 e una qualsiasi ottica vintage.
E io non sono "un famoso fotografo sportivo". E il setup fotografico non mi è costato 2 stipendi.
Commento # 2 di: il_joe pubblicato il 25 Luglio 2022, 21:54
Originariamente inviato da: CrapaDiLegno
Leggo il titolo e mi incuriosisco... una telemetro che vuole fare foto a roba che schizza a oltre 200 all'ora... vediamo cosa e soprattutto come hanno fatto..
Poi leggo, perdendo il mio tempo, e scopro che in questo articolo foto sportiva equivale a scatti nei box con soggetti fermi e buona parte delle foto in iperfocale ... Ma è una presa in giro?



anche io mi aspettavo foto delle auto in pista, in movimento..... sono rimasto parecchio deluso....
non mi pare una prova così complessa per mostrare le qualità .... mah...
Commento # 3 di: SuperMariano81 pubblicato il 26 Luglio 2022, 10:39
Motori e telemetro potrebbero non andare d'accordo, sarebbe stata una sfida interessante, invece qui vediamo un reportage, in cui si sa benissimo che è pane quotidiano per una leica.
bah
Commento # 4 di: LuFranco pubblicato il 26 Luglio 2022, 10:50
Alla prova del Motorsport con foto statiche ai box. Benissimo

Detto questo, io non sono così sicuro di quello scritto nell'articolo e paventato da Leica.
Il sensore utilizzato probabilmente è il 61Mpx sony usato nella A7r4 che non ha tacnologie hardware particolari.

Le risoluzioni 60-36 e 18 poi fanno pensare a tutto MENO che a pixel binning. Un pixel binning hardware in senso stretto avrebbe dovuto generare un raw da 15Mpx e non da 36 o 18.
Questo mi fa pensare che non sia un qualcosa di hardware, ma un ridimensionamento del raw via software con qualche algoritmo strano, cosa che non comporterebbe (come infatti credo sia) alcun vantaggio qualitativo nel file, ma soltanto un alleggerimento del lavoro della macchina.

Insomma a me pare tutta FUFFA e Marketing.
Commento # 5 di: umberto83aq pubblicato il 26 Luglio 2022, 15:41
Ma per piacere

Il telemetro alla prova nel motorsport, si, ma nei box a gara finita... 🤣🤣🤣 E le foto tra l'altro sono anche bruttine...