Fotografia digitale: gli albori, ricordando Bryce Bayer

Fotografia digitale: gli albori, ricordando Bryce Bayer

di Alessandro Bordin , pubblicato il

“Scattate fotografie digitali, a prescindere dallo strumento utilizzato? Ebbene, tutti dobbiamo un "grazie" a un'invenzione di quasi quarant'anni fa dell'uomo chiamato Bryce Bayer, che ci ha lasciato proprio in questi giorni. Ecco uno spaccato di quel che è successo in quel lontano 1975”

Bryce Bayer, l'uomo che diede il colore al digitale

Un'invenzione dell'epoca ha posto quelle basi solide su cui appoggia ancora oggi il grosso della produzione. Stiamo parlando del filtro Bayer, noto agli appassionati ma sconosciuto a molti. A questo filtro, posto a ridosso del sensore, spetta un compito non indifferente: darci informazioni sul colore nei nostri scatti digitali, in modo fedele, anche se il sensore di suo è in grado di cogliere solo scale di grigi. Un po' come ridare la vista perfetta a un daltonico, utilizzando un metodo geniale nella sia semplicità.

Quasi tutti i sensori utilizzati nella fotografia digitale, CCD o CMOS che siano, sono per loro natura in grado di captare, a livello di singolo fotodiodo, le variazioni di luce. In altre parole, i fotodiodi sono in grado di trasmettere un segnale elettrico direttamente proporzionale ai fotoni che lo hanno raggiunto. Tutto qui, non fanno altro. Tutto questo può bastare per formare un'immagine in bianco e nero (o più correttamente in bianco, nero e toni di grigio), ma non basta certo a formare un'immagine a colori, in quando manca del tutto una sensibilità alle lunghezze d'onda e di conseguenza ai colori.


(Ecco l'immagine in scale di grigi come esce dal sensore, a monte del filtro Bayer - software utilizzato Dcraw)

Questo fu il grande scoglio contro cui si scontrò, inizialmente, Bryce Bayer. La fotografia a pellicola era già in grado di offrire immagini a colori a chiunque, non certo solo al professionista, oltretutto di qualità ottima. Che futuro poteva mai avere un apparecchio come quello del collega se non fosse stato in grado, almeno, di restituire immagini a colori?

Poi ebbe l'intuizione. Il filtro ideato da Bayer si basa per certi versi su uno stratagemma, una "trappola" tesa ai fotodiodi: mettere di fronte a ogni singolo fotodiodo uno strato di colore definito, in modo da filtrare una certa lunghezza d'onda nota, e si conseguenza capire non più solo l'intensità di luce (ovvero fotoni) che arriva sul singolo elemento, ma anche con quale lunghezza d'onda. Ci penserà in seguito un algoritmo a rimettere tutto a posto, in base a quello che hanno captato i fotodiodi nelle immediate prossimità. Ne parliamo dopo, non è semplicissimo.

Scelta dei colori del filtro, complessità degli algoritmi di conversione, prove e continui fallimenti devono aver fatto perdere numerose ore di sonno al buon Mr. Bayer, a quei tempi soggetto agli stessi, contrastanti sentimenti del collega Steve Sasson: euforia mista a frustrazione, ovvero ciò che si prova quando si sente di avere fra le mani qualcosa di importante, ma non riuscire ancora a farlo emergere in modo convincente. Dopo differenti prototipi Mr. Bayer arrivò alla conclusione che un sistema del genere poteva funzionare, e si mise al lavoro.

Alla fine ci riesce. Possiamo immaginare l'orgoglio quando il suo brevetto venne approvato: il giorno era il 20 luglio del 1976. Apple era nata da poco più di tre mesi ad opera di due giovincelli di nome Steve, del tutto inconsapevoli del fatto che oltre 30 anni dopo milioni e milioni di telefoni e tablet ne avrebbero integrato la tecnologia descritta.