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Pagina 1 - Dai fasti del secolo scorso al fallimento attuale
Se qualcuno avesse pronunciato solo qualche anno fa un frase del tipo 'Kodak è avviata verso la bancarotta' o 'Kodak finirà per smettere di produrre fotocamere' sarebbe stato preso per pazzo o almeno negli ultimi anni per un inguaribile disfattista. Invece la cronaca di questo inizio di 2012 racconta proprio questa storia: la caduta del gigante della fotografia, la bancarotta, e da ieri la sua uscita dal mercato delle fotocamere digitali. Sono lontani i tempi in cui il marchio giallorosso campeggiava in ogni luogo della terra dove esistesse la parola fotografia. Sembrano passati secoli dal quelle edizioni di Photokina in cui Kodak occupava da sola un intero padiglione. Sembra quasi impossibile che un'azienda che ha sempre avuto l'obiettivo di innovare si trovi ora a svendere i suoi pezzi per salvare il salvabile.
La storia di Kodak è lunga, si svolge nell'arco di più di centotrent'anni e parte dell'idea di George Eastman e dal suo piccolo laboratorio a Rochester, New York. La storia parte da Rochester e lì ne è sempre rimasta ancorata: questo è uno degli aspetti che alcuni considerano uno dei grossi errori del colosso statunitense. Troppo legato al suo DNA 'Made in USA' Kodak Eastman Company non ha saputo negli anni cruciali della fine dello scorso secolo aprirsi al mondo, fondare centri di ricerca all'estero, tastare il polso della situazione nei mercati più emergenti. Pagina 2 - Gli inventori della fotocamera digitale hanno perso il treno giusto Kodak ha sempre puntato sulla ricerca e sviluppo, ma è rea di non aver creduto subito a una delle sue invenzioni più importanti: la fotocamera digitale. Nel lontano 1975, pochi anni dopo l'invenzione del CCD ad opera nel 1969 dei tecnici dei laboratori Bell Willard S. Boyle e George E. Smith (Nobel 2009), Steven Sasson creava il primo dispositivo portatile di acquisizione di immagini digitali. In quegli anni i laboratori Bell, Kodak, IBM erano il fulcro della ricerca tecnologica e molte delle invenzioni da essi uscite hanno radicalmente cambiato il nostro modo di vivere.
Nel 1975 la fotocamera digitale, con sensore CCD 100x100 da 0.01 megapixel, era grossa come un tostapane e riusciva a registrare flebili tonalità di bianco e nero: il confronto con la qualità della pellicola, business storico di Kodak e in quegli anni nel pieno fiore del suo successo, era inclemente. Kodak ha fatto in questo punto della sua storia l'errore di non credere in questa nuova tecnologia, forse troppo orgogliosa del continuo successo della pellicola, inventata proprio da George Eastman. Altri credettero e puntarono sulla novità e la prima fotocamera digitale commerciale è uscita dai laboratori Sony. Nel 1981 l'azienda giapponese arrivò sul mercato con la sua prima Mavica, seguita poi dal resto dei produttori nipponici. Kodak scese in campo con la sua prima compatta digitale solo nel 1996, con quindici anni di ritardo: a quel punto la sua DC20 trovò di fronte a sé un mercato presidiato dai giapponesi. Kodak provò a rinnovare la sfida con più convinzione nel 2001 con le sue Kodak EasyShare, ma il dominio nipponico era ormai duro da scalfire, soprattutto fuori dai confini statunitensi. Kodak sembrava partita bene invece in ambito reflex dove a partire dal 1991 ha proposto interessanti prodotti. Basandosi nei primi anni su corpi Nikon le fotocamere erano caratterizzate da un ingombrante modulo agganciato alla base della fotocamera, con la possibilità di tornare alla pellicola riconvertendo in modo abbastanza semplice la macchina. Negli anni la parte digitale divenne sempre più integrata e il vantaggio da parte di aziende come Canon e Nikon, che costruivano la fotocamera nella sua interezza cominciò a farsi ampio, soprattutto sul fronte della redditività dei prodotti.
Il canto del cigno fu l'apprezzata Kodak DCS Pro 14n: annunciata al Photokina nel 2002, fu in grado con i suoi 14 megapixel di risoluzione su sensore full frame di smuovere molto le acque. Problemi con il tuning del firmware portarono però alla sua commercializzazione un anno dopo, con volumi ridotti. Il successivo modello del 2004 Kodak DCS Pro SLR/c, molto simile fu l'ultimo della serie, e fu messo fuori produzione con il resto della gamma durante il 2005. Dopo l'uscita dal mercato reflex Kodak ha continuato a proporsi sul mercato dei sensori, guadagnando clienti di rilievo del calibro di Leica e Hasselblad. La divisione di produzione dei sensori, Image Sensor Solutions, è stata però scorporata e venduta sul finire dell'anno scorso, nell'estremo tentativo di appianare il bilancio e salvare l'azienda dalla bancarotta. Pagina 3 - La guerra delle pellicole degli anni '90: un bagno di sangue?
Alcuni analisti fanno risalire buona parte dei problemi che poi hanno portato al declino di Kodak a due fattori: da un lato la vera e propria guerra commerciale nel mondo delle pellicole negli anni '90 tra Kodak e Fujifilm, dall'altro il moltiplicarsi dei settori di attività di Kodak. Si tratta in entrambi i casi di situazioni che non hanno permesso a Kodak di concentrare abbastanza forze nei progetti cruciali. La guerra commerciale sulla vendita delle pellicole fuori e dentro i confini USA assorbì molte risorse, anche economiche di entrambi i player, fatto con cui tutte e due le aziende sono dovute scendere a patti alla fine dell'era delle pellicole. Fujifilm ha dimostrato di sapersi reinventare e gli ultimi prodotti ne sono testimoni, Kodak ha accusato il colpo maggiormente. Kodak in quegli anni e in quelli successivi ha poi avviato diversi altri interessanti progetti, ma forse senza avere la capacità di discernere quando e quanto puntare su ognuno di essi. Il già citato tema della fotocamera digitale è un esempio, l'altro riportato da molti analisti è quello legato al business dei macchinari a raggi X. Nel 2007 per poter avere le risorse per rilanciare la sua presenza nel mercato delle fotocamere digitali consumer Kodak decise di vendere la divisione di healthcare imaging, che con i macchinari a raggi X era stata redditizia fin dal 1896. Successivamente, come ci ha spiegato in un'intervista esclusiva l'allora Vice Presidente e Chief Marketing Officer Jeffrey Hayzlett, la strategia di Kodak Eastman Company fu quella di puntare a una nuova democratizzazione della foto-videocamera digitale, puntando molto sull'aspetto social e sulla condivisione delle immagini. A questa strategia sono seguiti alcuni prodotti interessanti, come la piccola Kodak Zi8, ottimo strumento ad esempio per i giornalisti dei new media, ma gran parte della produzione è rimasta nel completo anonimato. Da qui discende la scelta di dismettere le unità che si occupano della produzione di fotocamere digitali e di concentrarsi sui settori al momento caratterizzati da buona redditività. Kodak continuerà ad essere presente nel mondo delle fotocamere digitali, ma solo con i suoi brevetti e con accordi per concedere in licenza ad altri marchi le sue tecnologie. Pagina 4 - "You press the button - we do the rest" (no more)
Kodak continuerà invece ad impegnarsi direttamente nel mondo della stampa, dove attualmente vede ottimi risultati sul fronte della stampa di foto digitali, sia dal punto di vista dei macchinari professionali sia dei chioschi fai da te, sul fronte della stampa casalinga a getto d'inchiostro con le sue stampanti e i prodotti all-in-one, sul web con la piattaforma Kodak Gallery e le app per stampare i propri album direttamente da Facebook, nel mondo delle pellicole e della carta fotografica e infine nel mondo degli accessori universali per fotocamere, come batterie e caricatori, con l'intento di espandere quest'ultima sezione anche al mondo degli accessori per smartphone. Il marchio Kodak continua ad esistere e proverà a risollevarsi, come già hanno fatto in passato altri colossi dell'industria tecnologica, reinventando sé stessi nel momento in cui il loro core business ha smesso di essere redditizio. In ogni caso finisce qui l'era del motto - "You press the button - we do the rest" - tanto caro a George Eastman. |
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