Mattia Vacca: il mio segreto? Lavorare 'in punta di piedi'

Mattia Vacca: il mio segreto? Lavorare 'in punta di piedi'

di Roberto Colombo , pubblicato il

“Abbiamo incontrato Mattia Vacca, fresco vincitore di categoria al Renaissance Prize 2012 e giunto secondo di categoria ai Sony World Photography Awards: nell'intervista ci svela come ha iniziato e quale stile adotta per i suoi lavori”

Come nasce un fotografo


Chiamato per documentare un incendio, Mattia si è trovato catapultato nella vicenda della strage di Erba

Prima di parlare del servizio che ha sfiorato la vittoria di categoria ai Sony World Photography Awards, parliamo di te, chi sei, cosa fai. Attualmente come ti guadagni da vivere?

Sono un fotogiornalista nato nel 1978, abito a Como con mia figlia di 9 anni e la mia compagna e lavoro tra Como e Milano. Ho una laurea in Scienze della Comunicazione e una specializzazione in cinema e giornalismo. Dal 2006 mi occupo quotidianamente di cronaca in Lombardia per il Corriere della Sera e nel frattempo porto avanti i miei progetti fotografici personali.

Come hai cominciato a lavorare con la fotografia? Quello che fai attualmente coincide con quello che avevi in mente quando hai iniziato?

Durante gli anni dell' università ho viaggiato il più possibile dedicandomi inizialmente alla fotografia di viaggio; Nicaragua, Guatemala, Belize, Costa Rica, Messico, Vietnam, Malesia, Borneo,  Marocco, Turchia. Ho iniziato da professionista a coprire la cronaca per il Corriere di Como nel gennaio del 2006 e dopo pochi mesi una sera mi hanno chiamato per un incendio in un appartamento e mi sono ritrovato sulla strage di Erba. Con il mio lavoro su questo tragico evento di cronaca ho ottenuto la collaborazione fissa con il Corriere della Sera.

Sinceramente quando ho iniziato non credevo che sarei riuscito a vivere solo con la fotografia, quindi sono comunque estremamente soddisfatto del livello raggiunto. In questi anni oltre che sul Corriere ho pubblicato su La Repubblica, La Stampa, France Soir, il Giornale, il Messaggero, Libero, La Gazzetta dello Sport.

Ora vorrei però progressivamente slegarmi dalla cronaca per i quotidiani e dedicarmi con maggiore attenzione ai miei progetti personali. Anche perché le soddisfazioni maggiori le ho ottenute nell'ultimo anno con i lavori personali che sono stati premiati nei principali concorsi internazionali e sto vivendo un momento davvero felice della mia carriera. Per il mio futuro prossimo vorrei avere dei commissionati dalle riviste e sono molto interessato a collaborare con un'agenzia milanese coraggiosa, ma molto affermata, che vanta alcuni dei migliori fotografi sulla piazza.

Andando ancora più indietro, ti ricordi la tua prima foto e la tua prima fotocamera?

Fin da piccolo sono sempre stato attratto dalla fotografia. Ho iniziato seriamente nel 1998 e scattavo in pellicola con una Nikon F801s usando per il bianco e nero esclusivamente Tmax e Tri-x e per il colore la mitica Kodachrome. Avevo una camera oscura e amavo moltissimo il lato artigianale di questo mestiere. Credo che il primo rullo scattato con cognizione riguardasse i treni in Svizzera.